Valeva la pena di esserci, martedì 20 all’incontro sul libro organizzato da Isabella Landi per ABCD, anche solo per ascoltare l’intervento di che rendono meno creativi, flessibili, disponibili. E questo già verificavo tra i giovani maschi adolescenti a scuola. Mentre le ragazze che intervistavo avevano progetti meno delineati, più vaghi, spesso tra loro contraddittori e io avevo considerato che questo avrebbe potuto renderle più libere, più capaci di ragionare su un ampio spettro di possibilità, comprensive anche del fatto che la biografia di una persona non si costruisce solo su un progetto di lavoro, ma, come scrive Luisa, mentre una donna progetta progetta anche per la sua famiglia. Ma qui si apre un altro grande capitolo, sempre complesso, talvolta doloroso, che per il momento tralascio.
Questo libro lo penserei dunque molto utile, almeno in alcune sue parti, per un lavoro di orientamento fin dalle scuole.
AMBIVALENZA
Quando parlavo con le studentesse delle scuole i loro progetti per il futuro potevano definirsi ambivalenti, ci si immaginava spesso tra un aereo e l’altro, impegnate in molte riunioni, come manager di successo, e nel contempo felici nella propria casa, nella quotidianità regolare tra colazioni, buoni mariti (al buon marito sono dedicate alcune pagine nel libro, pp.82-3) e bimbi a scuola.
Tratti di ambivalenza a loro volta di contenuto ambiguo: da una parte la pericolosità di questi progetti che possono indurre sogni di onnipotenza e indicano poca conoscenza della realtà con i suoi vicoli e difficoltà (ma a scuola non si fa orientamento di genere, la realtà del contemporaneo, la sua conoscenza sessuata non fa parte dei programmi), ma al contempo e d’altra parte l’elaborazione di una competenza, soprattutto femminile, a vivere il tempo moltiplicandolo, rendendolo plurale (la frase attribuita a Madame de Maintenon, favorita e poi moglie morganatica del Re Sole: “Il re si prende tutto il mio tempo. Quello che resta lo dedico a Saint Cyr, a cui vorrei donarlo tutto”. Il resto del tempo è la sua risorsa di senso, la sua capacità di sottrarsi alle norme che regolano il tempo, alla sua economicità, all’ansia che sia sempre e visibilmente produttivo, in questo consiste l’eccedenza dell’esperienza femminile, legata alla pluralità continuamente ripercorsa, inventata, composta, dei propri ambiti esistenziali).
Ma l’ambivalenza femminile può divenire ed essere una grande risorsa, la capacità di stare in ambiti diversi allo stesso tempo, ma anche un autolimite (pensare alle difficoltà innanzitutto con sentimento di inadeguatezza personale, sindrome dell’impostore, pag.149) e l’autrice ne parla a lungo. Trasformarla soprattutto in risorsa è uno degli obiettivi del volume, come modalità femminile di apprendere a stare e vivere nella complessità, adottando e sviluppando la competenza di continui aggiustamenti, cambi di rotta, le mille microsoluzioni (pag.185).
GENERAZIONI
E a proposito di obiettivi, tra i molti leggo quello che più mi interessa, lo scambio di esperienze tra generazioni. C’è un bella frase nel libro, che trascrivo, quando si riesce a mettere in circolo l’esperienza, quando si riesce a condividere gli orientamenti, quello che si è riuscite a fare e come si è riuscite, il nostro orizzonte si amplia. Quello che facciamo acquista un senso non solo personale. Il proprio modo di agire non è più solo un’affermazione di capacità individuale: diventa una possibilità anche per le altre .(pag.173)
Appunto, così, insieme, si può cominciare a mutare, sé e il contesto.
L’autrice racconta, o fa parlare, normali vite di donne, adottando la metodologia che il movimento delle donne ha inventato, il partire da sé, dalla propria storia e l’accostarsi di molte storie diviene una coralità condivisa, un sapere, più saperi del lavoro e della vita. Costruisce il sapere delle donne, nel lavoro ma non soltanto, poichè sappiamo che non vi è separatezza nelle biografie delle donne, anzi ogni separatezza viene respinta e quindi questi saperi divengono saperi biografici, con cui si compone la vita di ognuna.
Luisa ha lavorato per tutta la vita nell’ambito aziendale. Da un po’ di tempo ha una nuova vita e di essa dedica una parte a questo lavoro, lo scrivere libri, sulle e con le donne.
Probabilmente abbiamo la stessa età e probabilmente, se pure in ambiti diversi, le stesse intenzioni, o almeno simili. Costruire trame di storie, reti di racconti, un sapere, dei saperi della vita e del mondo che si avvalgano delle esperienze femminili. Per tramandarli tra donne, tra generazioni, non come contenuti già elaborati solo da acquisire, un nuovo logos – la parola che si fa norma – questa volta al femminile, ma piuttosto come mythos (Luisa che ama le etimologie sa che logos e mythos sono le due forme greche, con diverso significato, di parola), racconto, scambio di esperienze, appunto, che partono dal sé individuale e collettivo di una generazione di donne per avvicinarsi ad altre, con altre vite ed esperienze, anche altri problemi. Perché sui vari temi si scambino parole di donne e poi, tra generazioni, ci si tradisca, si vada altrove, ma rinforzate, rese più sicure, più tranquille, anche nel proprio oltre, per il fatto che si sa che intorno, alle spalle, ci sono, e ci sono stati, progetti, proposte, vite e percorsi di donne, da cui apprendere per trasformare e continuare, così, la narrazione.
Barbara Mapelli
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