Sono stata per la maggior parte della mia vita lavorativa manager in una grande azienda, so cos’è la realtà di fare questo lavoro e essere donna, cioè stare in un ambito dove l’unico modello accettato è quello maschile. Partendo da come io vivevo questa situazione, ho cercato altre manager consapevoli della propria differenza che mettono in atto un altro modo di governare le aziende, e ho incontrato molte donne coraggiose e di grande valore. Che via via diventavano sempre di più. Con alcune ho fatto un’associazione proprio per trasmettere e valorizzare le loro esperienze e il loro pensiero, perché se queste cose non le diciamo, non ne mostriamo il valore pratico e teorico, è come se non esistessero: vengono banalizzate o ignorate, per non dovere tenere conto di orientamenti diversi che portano risultati migliori. E infatti questa realtà comincia ad avere un impatto politico.
Molte manager sono arrivate a ricoprire ruoli decisionali in azienda senza però adeguarsi alla cultura, alle regole che lì dominano, ma portando il loro punto di vista di donne. il punto di partenza è un’altra concezione del potere, che in azienda si esprime in prevalenza come dominio, comando, controllo. Per noi è invece la possibilità di governare le aziende secondo i nostri princìpi, assumendone la responsabilità. Princìpi che stanno nella concezione dell’azienda: intesa come un luogo dove convergono soggetti diversi con interessi diversi, ma di tutti bisogna tenere conto perché tutti contribuiscono a crearne il valore. L‘azienda è una costruzione comune. Così queste manager hanno effettivamente realizzato politiche in discontinuità con le prassi abituali e con vantaggi per l’azienda e chi vi lavora. Per fare qualche esempio, un’organizzazione del lavoro basata non sul controllo ma su autonomia e responsabilizzazione diffusa di chi lavora, sviluppare le potenzialità delle persone, organizzare il lavoro tenendo conto dell’interezza della vita…. Nella convinzione che un’azienda funziona bene se chi lavora può lavorare bene e vivere bene. Certo che non tutte le manager sono così. Il mio scopo è proprio mettere in luce, sostenere e diffondere quanto di meglio emerge dalle donne nel management, e costruire su questo.
Dopo avervi ascoltato, vedo anche la possibilità di incontrarci su alcuni elementi che abbiamo in comune. Come donne, abbiamo una concezione del lavoro più complessa, non separata dal resto della vita, che fa ripensare il lavoro per tutti. Abbiamo interesse per chi lavora, non come una astratta manodopera ma come persone ognuna con il suo lavoro e la sua vita. Abbiamo una concezione del potere come responsabilità verso il bene comune, per questo anche nelle contrattazioni puntiamo a raggiungere gli obiettivi, con un ragionevole equilibrio tra le parti: non ci interessano gli scontri per il proprio potere personale. E tutte, in ogni organizzazione, ci scontriamo con una prevalente cultura maschile che penalizza le donne, e non vogliamo che questo continui.
Penso dunque che possiamo parlarci con fiducia, per mettere in campo più forza per gli obiettivi su cui ci troviamo d’accordo, senza timore di intaccare il proprio ruolo, perché siamo forti e autorevoli proprio per come agiamo ognuna in quel ruolo: consapevoli e libere. E dobbiamo fare in modo che più donne con una testa di donne arrivino nei ruoli via via più alti della propria organizzazione, dove si ha il potere di decidere, Im modo che sempre più spesso donne così possano incontrarsi nelle contrattazioni dalle due parti del tavolo. Sarà bello, e sono sicura che sarà meglio.