Due copertine, di Economist e di Time, hanno recentemente messo il mostro in prima pagina. Il mostro sono le aziende renitenti a capire quanto vantaggio possono trarre dalla valorizzazione delle donne. Conterà il fatto che, per esempio, oggi le donne in America sono esattamente la metà della popolazione occupata? E che questo ha scardinato ogni idea tradizionale di ruoli di genere? Per capirne la portata si veda il recente utilissimo rapporto Schriver1.
Venendo a noi, all’Italia, da quanto tempo sentiamo dire che la differenza è un valore, che ciò che può sembrare un problema può essere invece un vantaggio per l’azienda? Giustamente, le donne fanno leva su questa motivazione -la nostra presenza migliora le aziende-a sostegno delle proprie richieste. Perché le aziende cambiano le loro politiche e la loro cultura non per senso etico e di equità, ma se capiscono che ne hanno un vantaggio.
Purtoppo però il diversity management non è affatto entrato a far parte della strategia delle aziende italiane.
Va detto che le best practices ci sono, e nemmeno poche, si dovrebbe semmai cercare il sostegno in questa direzione da parte delle associazioni imprenditoriali. Ma qui parliamo della cultura aziendale prevalente. Una cultura così resistente al problema che in una recente indagine presso donne manager di alto livello,
Articoli: Ma che cos’è la femminilità in azienda