Cosa è emerso nell’incontro sulla MISOGINIA COME STRUMENTO POLITICO

MISOGINIA, UNO STRUMENTO DI POTERE incontro del 4 novembre 2021

Nel precedente incontro abbiamo discusso della misoginia che è aumentata approfittando di alcuni effetti del covid. E’ però necessario andare oltre il denunciarla nelle forme in cui si manifesta, e ragionare sull’essenza della misoginia. Che non è solo una cultura maschilista: la misoginia è uno strumento politico, uno strumento di potere. Vederla da questo punto di osservazione è risultato fruttuoso:

Il concetto della misoginia come strumento di potere apre una prospettiva nuova, chiara e precisa. Definire le cose con una visione piuttosto che un’altra cambia il senso di questo fenomeno e la capacità di comprenderlo. …Permette di prendere più consapevolezza delle dinamiche della misoginia al di là delle apparenze di superficie, per poterla contrastare: non esiste una soluzione semplice a problemi complessi, non esiste una frasettina magica che risolve tutto.

Questo è stato lo scopo dell’incontro. Capire per agire.

Riprendiamo qui concetti (e pratiche) che costruiscono una visione avanzata delle dinamiche misogine, attraverso stralci di alcuni interventi.

L‘essenza della misoginia è il disprezzo

-La prima consapevolezza è che l’essenza della misoginia, del sessismo, è il disprezzo, la svalutazione. Le discriminazioni ne sono la conseguenza. Attaccare il nostro valore è lo strumento usato per farci stare male, avere dubbi su noi stesse, indebolirci. Ma l’attacco svalutativo è efficace se riesce a ferire. Raggiunge il suo scopo se noi ci sentiamo effettivamente deboli, non all’altezza. Se invece siamo sicure di chi siamo e di quello che facciamo, possiamo disinnescarlo. Che non vuol dire non reagire, ma non farci toccare per niente nella sicurezza di come siamo, non spostarci di un millimetro dalla consapevolezza di chi siamo. Ricordiamoci sempre che siamo brave nella nostra professione più di chi ci critica, che abbiamo studiato più di loro, e le nostre iniziative hanno buoni risultati rispetto al loro lavoro di routine.La consapevolezza del nostro valore può sgonfiare l’arroganza misogina.   

L’importanza di conoscere le dinamiche delle azioni misogine.

-Prendere consapevolezza dei modi e dello scopo con cui agisce la misoginia è il punto di partenza , perché le donne spesso non se ne accorgono: finiamo per essere le prime misogine verso noi stesse. E’ un problema molto diffuso, ed è invece essenziale per una reazione adeguata e efficace.

-Ho fatto una formazione sulle opportunità di carriere femminili con le donne della mia azienda. Ma c’era convinzione di non essere discriminate, usavano le ragioni tipicamente usate dagli uomini. Le ho messe di fronte al dato che le donne (maggioranza tra i lavoratori) sono solo il 15% dei dirigenti, e abbiamo discusso perché. Alla fine hanno preso consapevolezza che c’è tanta misoginia, e non ce ne rendiamo neanche conto.

-Situazione tipica è quando una persona ha bisogno di mantenere forte la sua posizione di leadership, ma non è capace di autorevolezza, ha bisogno di impaurire e di sminuire con la misoginia. È perfetta per attaccare l’autorevolezza di una donna, usata specie in contesti organizzativi di un certo livello

Microaggressioni, manipolazioni, trappole. Donne e giovani compresi

-La misoginia in azienda è fatta di micro aggressioni, cose molto, molto piccole ma che succedono davanti ad altri. Per esempio una frase banale: ‘scherzavo’. Qualcuno fa una battuta pesantissima, se cerchi di rispondere vieni aggredita: ”ma scherzavo, non sai ridere, te la prendi troppo, sei sempre in ipercontrollo, sei troppo ansiosa…” Far passare la difesa come peggio dell’offesa si chiama in psicologia manipolazione emotiva. A volte la donna si scusa perché ha paura di essere bollata come isterica (o altro).”No, io sono una donna moderna, simpatica, sto al gioco…”. Peccato che il gioco sia offensivo verso me stessa. Ma lo fa pur di uscire dal conflitto.

-Una forma da rifiutare, è la finta comprensione: ‘Ah poverina, ma vai a casa prima, tu hai una famiglia’.(come se la famiglia fosse un problema della donna). Ci vuole coraggio perché a volte fa molto comodo. Rifiutare è l’unico modo per mettersi alla pari. Bisogna sentirci sempre alla pari, non sempre in colpa, inferiori. Perché la misoginia viene usata per non perdere potere o guadagnare potere.

-Purtroppo nelle nuove generazioni non sta venendo meno l’ imitazione del modello maschile. Anche giovani donne manager sono aggressive nei confronti di colleghe, con valutazioni negative sul loro potenziale (emotività, carico famigliare…come se ci fosse da vergognarsene). Malgrado tutti gli sforzi anche in azienda, c’è una roccaforte di persone che pensano di fare carriera anche con atteggiamenti misogini. Come HR non tollero questo atteggiamento negli uomini, anche intervenendo duramente. Ancora di più mi fa male quando lo vedo nelle giovani donne

-Ho pensato che questa consapevolezza fosse aumentata e credo nelle giovani generazioni, però poi ho visto la pubblicità di un ‘corso di comunicazione per donne’ che diceva che uomini e donne sono diversi nella comunicazione. L’uomo sintetico e lineare, la donna confusionaria (apre un sacco di parentesi e lascia lunghi messaggi…) Per cui deve imparare a comunicare come gli uomini. Su tutti i social non c’erano commenti, nessuno che dicesse: ma è un corso di interiorizzazione di misoginia?! I social bannano un sacco di cose, ma qui no, c’era l’accettazione. Questo mi ha fatto rivedere la mia convinzione: se siamo ancora qui, la misoginia e ancora veramente molto, molto viva, ma anche molto inconsapevole.-

-Un mio capo, quando ero molto junior, mi insegnava come cogliere l’attenzione dell’amministratore delegato nei colloqui: non fare tante premesse, vai lì e tira la bomba, così ti ascolta con quella sintesi. E in effetti così sono riuscita a portare le mie idee, il mio cambiamento in azienda. Forse è più facile adattarsi al linguaggio (non alle idee) di chi sta al potere, per poter entrare lì e scardinarlo . Questa è un’altra modalità, non è l’unica.

-E’ vero che in questo momento l’integrazione delle donne, nel mondo del lavoro, soprattutto a certi livelli, sta salendo. Le donne stanno avendo un ruolo sempre più attivo e importante, e nelle aziende si comincia a ritenere una questione centrale una loro equa presenza in tutti i livelli organizzativi. Adesso ci sono richieste alle aziende di certificazioni sulla presenza di donne nei vari livelli. E questa è sicuramente un’ottima cosa. Però vorrei anche alzare un alert: questo rischia di diventare un nuovo strumento di potere, dato che è diventato in azienda una questione (imbarazzante verso l’esterno) da gestire e risolvere, almeno nei numeri: chi riesce a guidare questo progetto, e ragionevolmente ricevere risorse interne ed esterne (PNRR) per lavorarci, può raggiungere anche maggiore visibilità e quindi questo tema può diventare un task funzionale alla carriera, magari di uomini. Quindi attenzione ad allearci con qualcuno che ha questo come obiettivo strumentale, un’utilità per sé, non per le donne e l’azienda. Bisogna vedere come avverrà questa ‘inclusione’, chi sceglie e come, se ci sarà mobilità di queste donne verso l’alto, o rafforzerà qualcuno dei diversi gruppi di potere in azienda (già comincia qualche contesa). Rischiamo di cadere in una trappola, di cedere al richiamo delle sirene, e ci sono. Questo è solo un segnale per come vedo prendere la piega della questione in questo momento, perché la misoginia trova forme nuove nascoste da vantaggi (per esempio come è successo con lo smart working). Infatti, contestualmente all’avanzata delle donne, mai come ora è aumentata la violenza sulle donne. Voglio interpretarla come una resistenza al cambiamento di uno status quo che vige da sempre. Voglio però augurarmi che le donne che arriveranno a ricoprire ruoli alti nelle aziende non verranno “assassinate” professionalmente.

Reagire: come riusciamo, evitando di accettare il livello di scontro.

-Le micro aggressioni da destrutturare le porti sempre addosso e se sei sotto attacco devi difenderti in qualche modo. Non per forza cercando la battuta brillante, prendersi anche la libertà di mandare qualcuno a quel paese. Non dobbiamo essere eccezionali, dobbiamo sopravvivere. Non chiediamoci sempre il doppio, il triplo. Problemi grandi nascono da ‘piccoli’ condizionamenti, tutti da decostruire con un lavoro minuzioso e da superare con piccole tattiche. Cose semplici: se qualcuno ti mette a disagio, perché non fare lo stesso? a volte basta il silenzio a battute stupide, oppure darsi il diritto di chiudere le situazioni spiacevoli, quando si viene aggredite.

-Lo scopo è mettere una persona in difficoltà. Per attaccare la sua posizione si prova con la professionalità, ma se non ci sono agganci si passa dal personale. Non si possono sopportare certe situazioni che cercano di minare la tua credibilità professionale utilizzando qualcosa di personale. Ho sempre preso gli uomini per il cravattino, gli ho detto: non ti permettere mai più.

-La reazione migliore non è lo scontro che ti pone sullo stesso livello, ma l’ironia, per rendere evidente l’assurdità di quelle parole agli altri: ‘possono essere solo uno scherzo’.

E’ necessario parlarsi e confrontarsi tra noi, in modo che quando reagiamo a un attacco ne siamo consapevoli e riusciamo mettere in atto qualche risposta….-

-La misoginia c’è e cresce . Ma se non la si misura non si denuncia in maniera strutturata, Come si potrebbe misurarla? Come coglierla, quali sono i segnali che si possono evidenziare, e la consapevolezza della misoginia? Con un questionario ? Avremmo evidenza di una cosa talmente insita che ha bisogno di essere evidenziata. E allora si potrebbe lavorare sulla consapevolezza per affrontarla.

 Adattarsi, rifiutare, cambiare regole: casi esemplari

-Qual è la nostra capacità di reazione, e quanto la capacità di adattamento (utile nella nostra vita), in realtà ci danneggia rispetto alla misoginia? Come associazione Pensiero Femminile, abbiamo aperto su una pagina on line un gruppo ”Palestra di autodifesa verbale”, per condividere situazioni di molestie sul lavoro, e soprattutto le reazioni, le frasi con le quali si è rimbeccato l’attacco, che possono servire anche ad altre. Il gruppo avrebbe dovuto continuare e organizzarsi in autonomia, ma si è disperso, la motivazione non è stata sufficiente. Quando uno sfogo può bastare, significa che avvertiamo il peso, però ci sentiamo di fronte a una situazione di ineluttabilità.

-Mi trovo spesso richieste di fare formazione sulla ‘parità di genere’ solo con le donne. Io dico di no, perché è come se le donne su quel punto fossero più deboli, rischia di diventare controproducente Io non lavoro così. Per un intervento di cambiamento culturale ci devono essere sia gli uomini sia le donne: ci sono tanti uomini che non si rendono proprio conto di questa cosa.

-Mi è successo un fatto molto grave, un forte attacco misogino. Mi sono trovata in una situazione in cui chi urlava e mi attaccava era un interlocutore istituzionale, che deve riconoscere un budget di milioni di euro all’azienda ospedaliera che rappresento. Era profondamente in torto: lo Stato non può arrivare a novembre senza aver comunicato il budget dell’anno. E allora qual è il modo più semplice di uscirne? Mettere in campo l’attacco misogino. Ho capito che non c’era spazio per negoziare, perché lui aveva un parterre e aveva bisogno di mostrarsi al pubblico. Io era da sola-

Mi sono alzata, ho detto: ho capito, la ringrazio, e me ne sono andata. Poi il mio collega più giovane mi ha detto: “Ci sono delle regole non scritte, e tu devi sottostare a quelle sennò sei fottuta”. Io ho detto: “E’ vero. Peccato che se queste regole continuano a essere sostenute da persone come te, non finiranno mai”. L’attacco misogino dell’interlocutore è stato perché non poteva tollerare che qualcuno, una donna, lo mettesse in difficoltà. In futuro io dovrò trovarmi ancora con questo personaggio, però una cosa ho capito: quando c’è una schiera di personaggi e tu sei in minoranza, non sottoporti a questo tipo di incontro. Quindi ho tirato su il livello della negoziazione: ho fatto prendere un appuntamento, a cui andremo ufficialmente come istituzione, a pretendere una risposta ufficiale, istituzionale. Non ci prestiamo a giocherelli tra amichetti di merendine. Bisogna fare questo sforzo difficile di riportare le cose su regole diverse, bisogna esporsi, sennò è un sistema che si perpetuerà. Adesso sto cercando alleanze con altre aziende che hanno lo stesso problema, con lo stesso personaggio.

-Faccio controllo di gestione, lavoro prevalentemente maschile, che mi piace molto, che so fare bene, Avevo preparato in un gruppo di lavoro le slide con i dati economici. Dopo un giorno di assenza, mi sono accorta che i numeri erano diversi. Ho chiesto spiegazioni, finché la risposta è arrivata: “mi è stato detto dal mio capo di farlo, e io sono un esecutore”. Io avrei dovuto il giorno dopo fare un intervento su quei numeri , ma ho detto no, non partecipo se non tornano i numeri veri. Li hanno cambiati. Alla sera una telefonata del mio capo: “spero che tu non sia così rigida nei confronti di tuo marito”. Dopo le scuse per la triste battuta sulla mia vita personale, ho pensato che un uomo non sarebbe stato considerato rigido, ma capace di farsi valere. Io non mi adatto a questo, e so che le conseguenze non sempre sono positive. Ci si adatta perché si temono le conseguenze.

Alleanze

-Bisogna creare delle alleanze, ma paritarie, non per avere chi mi protegge. Bisogna farle con uomini e con donne . Le alleanze tra donne sono molto più pericolose per gli uomini, che lo sanno, le guardano con sospetto, cercano di ostacolarle. Perché le donne insieme possono creare delle situazioni rivoluzionarie e questo è potere. Un potere che si moltiplica, è più di 1+1 . Le alleanze ci rendono più potenti.

Le alleanze sicuramente vanno fatte anche con gli uomini, però tenendo un profilo molto alto, forti di tutto quello che ci siamo dette: credere nelle nostre capacità, nel nostro contributo che mette in discussione un sistema. Spesso rifiutate per questo. Ma è quello che alla fine porta valore.

Nelle alleanze che cerchiamo facciamo attenzione a non cercare la protezione perché quella aiuta ad avere più potere, ma finché serve al potere del protettore. Cechiamo un’alleanza in partnership.

-Bisogna sempre e comunque cercare l’alleanza soprattutto con le donne, perché le persone che vogliono vivere le cose in un modo diverso ci sono, soprattutto in contesti dove la misoginia è scontata. Questo è il mondo vecchio che fa fatica a morire, e la misogina è un suo strumento di potere.

Ribaltare un punto di vista: un mondo maschile del passato, la nostra visionarietà

-Credo profondamente che riconoscere la misoginia in tutte le sue forme e trovare gli strumenti per combatterla sia una cosa certamente non da sottovalutare. Ma all’improvviso mi è venuto in mente un tentativo di buttare per aria il tavolo. Questo: sostanzialmente un mondo a impronta unicamente maschile è ormai un mondo retro, superato. Un mondo che guarda al passato, che non ha visionarietà. Arroccato perché non in grado di misurarsi con le trasformazioni. E allora, quando è possibile, dovremmo mettere in atto, comunicare questo punto di vista. Guardare certi colleghi aggressivi, “spiritosi”, “comprensivi” con occhi che dicono: “ma ancora lì sei? Non ti sei accorto che il mondo è cambiato? Non è così che puoi affrontare il futuro”. Come dire che vediamo i limiti forti, violenti di un mondo con quell’impronta. Poi si può fare la battuta o non farla, ma serenamente sentire l’autorevolezza del nostro punto di vista che dice: questo è un mondo del passato. E sentirsi forti del proprio modo di fare le cose, delle nostre differenze che aprono il futuro. Non siamo noi che dobbiamo cambiare passo, noi tracciamo il cammino. L’altro è un mondo del passato, nella sua rigidità e nel suo isolamento. Se si riesce e dove si riesce, bisogna comunicarlo, farlo sentire questo ribaltamento di punto di vista.

L’avanzata delle donne nel management aumenta l’ostilità misogina, ma può attaccarla

-Stiamo intaccando un assetto secolare di privilegio degli uomini, e questo non può succedere senza conflitti di potere. Non ci sarà un tranquillo progressivo aumento della nostra presenza, anzi. Fin dagli anni 80 quando nelle corporation americane cominciarono ad arrivare più donne nei livelli alti, fu evidente la dinamica: quando aumentano le persone di un gruppo minoritario ‘subordinato’ -come le donne nel management- le ostilità del gruppo dominante -gli uomini- tendono a crescere, non a diminuire. Oggi la nostra avanzata ha fatto scattare l’allarme. Perché la posta in gioco è il ricambio delle élite, che tendono a riprodursi sempre uguali a se stesse, dunque nessun accesso alle donne. Nel contesto del covid gli uomini hanno portato attacchi soprattutto alle manager di alto livello. Quando le élite si chiudono, ci sono solo due modi per aprirle. Una rivolta, o riuscire a entrare e cambiare dall’interno. Perciò dobbiamo intensificare le politiche per portare più donne consapevoli nei vertici, dove lo scontro con la cultura misogina è ai massimi livelli.

 

 

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