Microsoluzioni: un bel libro di Isabella Covili

Ogni situazione lavorativa è inevitabilmente connotata da ostacoli, tensioni e complicazioni, sia in contesti di importanza cruciale, sia, soprattutto, nella quotidianità. Le piccole storie di questo libro raccontano episodi critici di vita lavorativa, diversi fra loro ma sempre affrontati con positività e leggerezza. La levità di questo approccio consente di portare alla luce messaggi profondi e molto chiari che, se letti e interpretati con attenzione, costituiscono l’ossatura di uno stile manageriale. Ogni racconto cela un aspetto teorico che prende corpo attraverso il comportamento dei protagonisti. Il paradigma classico per cui la teoria indica il modo di agire è così sovvertito, a favore di una prospettiva ribaltata, dove sono le azioni dei singoli a definire la teoria. Le soluzioni, spesso micro, sorprendentemente efficaci nella loro semplicità, diventano stile. Senza enfasi, con concretezza ed umiltà.

E’ così il libro appena uscito di Isabella Covili, Microsoluzioni. Piccole storie esemplari di vita d’azienda (Prefazione di Enzo Spaltro, intervista di Francesco Varanini. Guerini, 2010).

Storie che nascono dalla sua esperienza nella direzione del personale. Ogni racconto è una piccola luce su un tema: lo stile manageriale, la direzione del personale, e le donne. Comprese quelle della sua famiglia, una vera genealogia di donne che lavorano e si trasmettono l’amore per quello che fanno. Quando ho cominciato a leggere i racconti, man mano che vedevano la luce, mi sono subito sembrati come certe fiabe, che parlano di streghe e incantesimi da rompere, ma in reltà ti dicono com’è la vita e come puoi cavartela. Solo che le fiabe non mi piacciono perché lavorano sul fantastico, questi racconti sì, perché sono immersi nella concretezza dei fatti quotidiani. E Isabella ha un occhio folgorante per capire cosa c’è nella banalità.

Mi ricordo, per esempio, come è nato questo concetto delle Microsoluzioni. Ero nel mezzo del lavoro che sarebbe diventato Donne senza guscio. Mi invitò a cena, ci eravamo appena conosciute. Le dissi i miei dubbi, l’insicurezza enorme che provavo, e di come guardavo a certe donne che su questi problemi -la vita delle donne in azienda- avevano senpre una soluzione pronta. “Non c’è una soluzione -mi rispose- ci sono mille microsoluzioni”. Mi ci sono così riconosciuta che è diventato subito il titolo di un capitoletto del mio libro.

Ma quando dico a Isabella di scrivere qualche sua riflessione, dice che non le viene niente. Con lei bisogna parlare, allora dice cose che non sa nemmeno di pensare. Nemmeno i racconti voleva pubblicare. Mi ci sono voluti mesi per condurla sull’obiettivo. Esempio tipico di come le donne non vedono il loro valore e bisogna proprio che ci mettiamo a farcelo vedere reciprocamente.

Ecco come Isabella coglie un dettaglio essenziale: basta leggere il racconto sul verbale. Era un episodio raccontato nella sua intervista per Donne senza guscio, e l’ho poi sentito citare spesso negli incontri che ho fatto per discutere del libro. Molte donne vi si riconoscevano: nel problema e nella risposta. Il commento più bello è di Giovanna Galletti, che lo definisce ‘un imprevisto simbolico’ capace di spostare la realtà (il suo bel commento si trova in questo blog, v. presentazione alla Casa della Cultura di Milano).

Mi piace come il libro finisce. Un finale molto adatto a noi. Isabella racconta di come arrivi stanchissima dopo un viaggio di lavoro, entra a salutare i genitori nel loro negozio, e una cliente la compatisce “Poverina!”. Ma suo padre ribatte: “Perché poverina? Fa un lavoro che le piace”.


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