Una sorprendente genealogia. L’autorità femminile nel management dall’800 a oggi

Una sorprendente genealogia. L'autorità femminile nel management dall'800 a oggi

Il 28 aprile uscirà nelle librerie e online il libro edito da Guerini
Una sorprendente genealogia. L’autorità femminile nel management dall’800 a oggi
di Luisa Pogliana

 

Perché ho scritto questo libro

Questo libro è stato per me appassionante. Perché il management è ancora oggi ritenuto un ambito nettamente maschile, e invece si scopre che sono state alcune donne a fondare l’idea stessa di management fin da metà 800. E che questo protagonismo femminile continua per due secoli e giunge a oggi con una sbalorditiva ricorrenza di princìpi fondamentali. E’ una genealogia evidente eppure poco conosciuta. Per me questa è la cosa più interessante: perché questa continuità, in luoghi e tempi diversi? Perché le donne ieri e di oggi sono portatrici di nuove visioni nel governo delle aziende? Perché ciò che le accomuna è sempre la concezione del potere?

 

Di cosa parla

Il libro inizia dalle studiose precorritrici che fin dal metà 800 hanno definito un management  ‘democratico’. La prima è Beatrice Webb (1858, Inghilterra) Fondatrice della London School of Economics, che introduce il concetto di Democrazia Industriale, “la partecipazione dei lavoratori al governo delle aziende, che può stare insieme a una gestione aziendale efficiente”.

Segue Mary Parker Follett (1868, Boston),  La madre del management moderno, consulente internazionale. Al centro del suo pensiero ci sono le forme del potere: Il potere-su, il dominio, che impedisce lo sviluppo dei lavoratori, e Il potere-con, condiviso con i lavoratori, creando una leadership diffusa. E nel dopoguerra Joan Woodward (1916, Inghilterra) docente di organizzazione del lavoro, vuole verificare la reale efficacia delle teorie dell’Academia, che riteneva il modello taylorista il migliore. Con una vasta ricerca, smentisce che ci sia un unico modello ottimale. Le aziende hanno successo se si creano un’organizzazione funzionale alla loro contingenza. Fu emarginata, dimenticata, perché aveva messo in discussione l’Accademia, e mostrato  che quelle regole erano funzionali ad un management autocratico.

Nel 900 avanzato la presenza di donne nel management si intensifica. Emblematica è Marisa Bellisario (1935 ), la prima donna top manager internazionale, che ha portato un profondo cambiamento culturale nel management. Lo si vede nella sua vicenda più importante, il salvataggio dell’Italtel, colosso pubblico della telefonia  portata al fallimento dai vari interessi politici. Ma lei prospetta un piano di salvataggio: informa tutti con trasparenza, collabora con i sindacati, elimina il 70% dei manager “incapaci”, sposta la produzione su prodotti  d’avanguardia investendo in ricerca, riqualifica il personale, riduce gli esuberi clientelari ma senza licenziamenti, cambia le politiche per le donne (le neolaureate nel settore tecnico passano dall’8 al 28%, e mette donne in ruoli manageriali di alto livello). In tre anni l’azienda è salva. Eppure, è stata fortemente ostacolata in successivi progetti strategici per l’Italia. A un giornalista che le chiede ‘chi ama di più il potere tra gli uomini’ risponde: “Tutti”.  

Oggi, con la cresciuta presenza di donne manager, nelle aziende c’è un nuovo soggetto collettivo: manager eccellenti, accomunate da un punto di vista femminile sul modo di governare le aziende. Entrano nei luoghi decisionali alti ma senza adattarsi alle loro regole. Rifiutano il potere come comando e controllo, usano la loro autorità nell’interesse di tutta la comunità aziendale. Perché l‘azienda è il luogo in cui convergono soggetti diversi con interessi diversi, ma di tutti bisogna tenere conto perché tutti contribuiscono a crearne il valore. Concezioni dirompenti, rispetto al neoliberismo imperante. E concretizzate in nuove pratiche aziendali, con due fondamentali princìpi. Il primo è che l’azienda cresce se crescono le persone che vi lavorano, sviluppando le loro potenzialità, e una responsabilizzazione diffusa. L’altro principio è che la vita è intera e l’organizzazione del lavoro deve tenere conto di “tutto il lavoro necessario per vivere”: nelle necessità famigliari e nelle possibilità di carriera nel lavoro. Per tutti, donne e uomini e svilupparne altre queste politiche c’è un altro obiettivo necessario: portare più donne -con una testa di donne- nei livelli decisionali alti per cambiare la natura del potere. Perché il vertice aziendale è quasi esclusivamente  degli uomini, così la cultura aziendale che lì si forma resta maschile e spesso misogina. Con conseguenze pesanti per tutte le donne.

Questa trasformazione del modo di governare le aziende  non può esistere senza le donne e la loro visione, ma non può venire solo dalle donne. Non sono pochi gli uomini che non vogliono un management ‘virile’, di sopraffazione, e possono essere alleati.

Da dove nasce questa continuità                                                             

Il filo rosso è il rifiuto del potere che conosciamo come comando, controllo, sopraffazione.                                                                                                                                        Si può pensare che questo atteggiamento derivi dalla loro personale esperienza di vita in una società patriarcale. Hanno sperimentato su di sé la misoginia come strumento di potere. E essere sottoposte a un potere gerarchico che non consente la libertà delle donne, impone ruoli e limiti a vantaggio degli uomini. E a svantaggio di tutta la comunità.

Perché  leggere questo libro

Conoscere questa genealogia di donne nel management, scoprire l’incredibile vicinanza di visione e la potenza che sprigiona, non è solo una storia interessante  per non dimenticare grandi donne.

E’ una relazione tra donne nel tempo: loro ci trasmettono forza, ci danno fiducia nel nostro modo di essere manager fuori dalle regole dominanti. Noi ci arricchiamo della loro autorità così offuscata, e  la riportiamo nel patrimonio di tutte.

Ma non è un libro solo per manager, è per tutte le persona che non ha paura di niente. Mostra che tutte possiamo fare qualcosa per cambiare il contesto in cui viviamo e lavoriamo. Può dare forza e idee a chi vuole cambiare il lavoro a partire dal legame vita/lavoro. Donne e uomini che vogliono mettere in discussione il potere e la sua radice misogina.

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