17 maggio, 15-19 dibattito, presso Spazio 36, v.le Umbria 36, Milano
Meglio rischiare che subire. Il coraggio delle donne nel management.
Difficile parlare di quello che si è fatto perché sembra narcisismo, eppure serve a trasmetterci forza e idee, e si può costruire qualcosa di inaspettato. A me è successo. Devo dire che una cosa che ho sempre sentito è stato un senso di giustizia e di libertà. Non so perché e poco importa, non me ne faccio un merito. So che l’ho praticato in vari modi nei diversi tempi. Dal volontariato, al sindacato, alla politica militante, al femminismo. E questo è stato una svolta. La politica delle donne è stata entusiasmante perché riguardava direttamente me, la mia libertà, era una prospettiva nuova. Nel confronto tra donne ognuna partiva da sé, dalla sua vita, non da schemi ideologici, e così si prendeva consapevolezza di una situazione comune e delle cause, che ci portava a cercare di cambiare quel contesto. Perché sappiamo bene che il cambiamento non viene dall’alto, soprattutto se sei donna, e l’alto -il potere- è degli uomini.Tutto questo mi ha aiutata nel mio lavoro in azienda. Allora ero piuttosto sola come donna in posizioni qualificate, ma, con quello che imparavo nel femminismo, dalla ingenuità iniziale sono arrivata a rendermi conto che è un mondo concepito per gli uomini, che la cultura aziendale è non solo maschile ma anche misogina. Per anni ho visto e vissuto com’è la vita delle donne nel management. E mi dicevo: queste cose devo scriverle, devo documentarle, se no non si sanno e non ci credono.Alla fine, quando ho dovuto lasciare l’azienda -a malincuore- per un altro tipo di lavoro, mi sono detta, adesso basta, questa cosa la faccio.
Ho cominciato un confronto con altre donne manager, che non si adattavano alla cultura dominante. Ho raccolto pensieri e pratiche realizzate seguendo i propri convincimenti, per farne un patrimonio collettivo e trovare risposte non individuali. Ne ho fatto un libro, e poi altri, via via che facevamo passi avanti, attorno ai quali abbiamo creato momenti di incontro. Per trasmettere questo patrimonio, costruito partendo da quello che noi vediamo e riteniamo giusto, non da modelli e teorie di management. Un patrimonio di cose fatte, non che sarebbe stato bello fare.
Oggi nel management possiamo dire che c’è già un cambio di passo, dovuto a molte donne che hanno portato in quei luoghi il loro punto di vista. Provando a cambiare ciò che ritenevano ingiusto o inadeguato, nel lavoro di ogni giorno. Tenendo conto di cosa è desiderabile per noi, ma non solo per noi. E stiamo alzando la posta: pensiamo che bisogna cambiare questa cultura là dove si forma e agisce, e dunque che più donne -con una testa di donne- entrino nei vertici aziendali. Dove si può incidere sul lavoro di tutte le donne, e di tutti.
Si può pensare che per chi è manager è più facile perché si ha più potere. Certamente quei ruoli comportano più discrezionalità decisionale. Ma comunque facile non è, quando si vanno a toccare le regole consolidate. Soprattutto per le donne, che devono affrontare anche la cultura misogina degli uomini di potere. Questo comporta molta fatica, conflitti, e si corrono anche dei rischi. Ma spesso le donne preferiscono rischiare che subire. Questo coraggio, nel management, lo troviamo infatti più spesso tra le donne che tra gli uomini. A volte sento dire che le donne sono più etiche, ma io non credo questo, le donne sono come tutti. Però certamente se l’etica la vediamo come un’ottica, l’ottica delle donne è differente. Quello che vivono e vedono nella loro vita non è quello che vedono gli uomini. Forse abbiamo più coraggio perché molto più intollerabile per noi è questo potere di sopraffazione in cui viviamo e lavoriamo. Ma comunque certo è che per cambiare un po’ di coraggio è sempre necessario.
Qui le informazioni su questo Avvenimento https://assoetica.it/avvenimento/