Ripartire dalla situazione post covid: l’incontro on line di giugno su UN PASSO IN ALTO.

E’ stato un confronto ricco, con partecipanti da città e contesti diversi, una possibilità ‘unica’ di scambio. Abbiamo ripreso la discussione dagli aspetti critici e anche opportunità che la situazione post-covid ci richiede di affrontare.

Cosa è successo in questa crisi, che ci tocca di più?  Hanno preso corpo due politiche misogine: -Lavoro da casa, sradicato dall’azienda, funzionale per la gestione domestica: necessario nel blocco, ma prospettato ora come come futuro per le donne, per “risolvere la conciliazione”. – Ulteriore stretta alla presenza di donne nei ruoli decisionali: nessuna donna nelle task force.  Sono due aspetti del potere che vede una possibilità di ‘rimettere le donne al loro posto’: in un mercato che si restringe è più facile escludere le donne, e il clima sociale permette di svalutare il loro modo di essere nelle organizzazioni, nel management.  Le donne però vorrebbero rientrare al lavoro, e in buona parte con il lavoro flessibile, ovvero lo  smart working, non quello praticato in questi mesi sotto questo nome, che è invece lavoro a domicilio, un’altra cosa. Il lavoro flessibile, come richiesto dalle donne, ha cambiato i cardini organizzativi con un concetto: separare il tempo di lavoro dall’orario. Lavorare in parte in azienda e in parte da remoto, con tempi e luoghi gestiti in autonomia e responsabilità. Un’agevolazione rispetto alle esigenze della vita privata, ma rimanendo nella dimensione sociale del lavoro. Lo smart working, anche nelle forme improprie, sarà  molto diffuso nell’immediato futuro. Perché il blocco sanitario ha avuto anche effetti positivi. Ha fatto crollare la gestione delle aziende basata sul presenzialismo e  reso evidenti nuovi vantaggi aziendali: si è lavorato di più, con più produttività; i luoghi di lavoro sono stati rivisti in un’ottica di sostenibilità, utile a tutti e risparmio per le aziende (ridurre gli spazi abbassa i costi).  Può essere l’occasione per un salto di cultura aziendale. Un’organizzazione basata sul lavoro flessibile, ma che riguarda tutta l’azienda, donne e uomini, a tutti i livelli, top manager compresi. Un nuovo paradigma aziendale per lavorare meglio, non strumento di welfare per le donne.        Il blocco sanitario ha avuto un altro effetto: è esploso il problema  delle incombenze domestiche che gravano in grande prevalenza sulle donne. E’ tempo di dire pubblicamente che l’ambizione delle donne nella loro carriera è ostacolata anche dall’iniqua distribuzione del lavoro domestico in famiglia. Parlarne senza vergogna, perché è un problema universale. La posta in gioco è anche liberarci da questo.           Il ‘passo in alto’ oggi è più difficile, anche per le donne già in posizioni alte, ma con una visione diversa, che sono più contrastate da questa rinvigorita misoginia. Ma proprio per questo resta il punto fermo per cogliere il buono e contrastare le derive di questa difficile situazione.  C’è una percezione comune dei passi indietro che hanno dovuto fare le donne in questo periodo e del forte rischio di derive che si prospetta. Una realtà che può diventare depressiva, ma può essere contrastata , perché si sono aperte anche nuove possibilità: “si è fatta tabula rasa dei principi su cui si era fermato il lavoro a gennaio e adesso si apre una prateria”.  Come fare per cogliere queste possibilità ? Ecco cosa è emerso dalla discussione:

Le derive dello sw e come contrastarle. Lavoro da casa totale, non volontario, non qualificato, sostanzialmente solo per le donne, con lavoro domestico ancor più a carico loro: è l’aspetto dello sw che diventa “cavallo di Troia per far passare questa modalità in modo permanente”. Bisogna che le donne siano consapevoli che lo sw non è il ‘lavoro a domicilio’. E’ fondamentale non perdere la presenza in azienda, la socialità del lavoro, che permette di sviluppare noi stessi come persone nelle relazioni, e come professionalità, perché le conoscenze si sviluppano nelle interazioni. E di non essere escluse “dall’importantissima comunicazione anche informale”, soprattutto per i ruoli decisionali. “Per chi lavora è un impoverimento”. Occorre un equilibrio tra lavoro in parte a distanza e in parte in ufficio.Uno strumento di flessibilità ma per tutti, uomini e donne, perché aiuta rispetto alla vita famigliare, che è di tutt’e due. “Fa paura sentire dire che lo sw è adatto alle donne perchè aiuta la conciliazione: ribadisce che il carico domestico resta compito loro”. Se si continua a concepirlo in funzione della ‘conciliazione’ “il passo a vederlo solo per le donne è breve”. Va invece introdotto come cambiamento organizzativo: “tutti focalizzati sugli obiettivi, non sulla gestione presenzialista”.

Creare consapevolezza sulle scelte  Ci sono vincoli esterni e  interni che spingono ora le donne verso lo sw. Nella fase di ritorno al lavoro rientrano un po’ di più gli uomini, perché il contesto famigliare non è ancora ben gestibile (centri estivi, scuole…) e i bambini sono un vincolo forte. Inoltre le donne guadagnano meno e hanno minori possibilità di fare carriera, quindi “in famiglia se qualcuno deve sacrificare il lavoro è la donna”. Spesso loro stesse scelgono di rinunciare al lavoro, o alla carriera, perché sentono “più loro” la cura dei figli. Per questo alcune ritengono che l’utilizzo dello sw dovrebbe “essere guidato un po’ dall’azienda, se no lo scelgono sempre le donne”. Altre pensano che occorra comunque -anche dentro una politica disegnata con questo obiettivo- lavorare sulla consapevolezza, creare la possibilità di discutere tra donne sul perché si fanno certe scelte e dove portano: “Non si può creare coscienza con l’imposizione”. E’ importante come si introduce questa riorganizzazione, come si fanno partecipare le donne. Due esempi. Il progetto di MF per promuovere la carriere delle donne: è partita dal farle riflettere insieme sui freni che sentivano dentro di sé o in famiglia, favorendo la loro presa di coscienza. E il progetto di PG per introdurre la cartella clinica digitale unificata, sviluppato coinvolgendo le persone interessate dal nuovo processo.  Dobbiamo perseguire “la libertà delle donne nel lavoro, devono poter scegliere se lavorare in sw o no, secondo quello che intendono come lavoro che fanno con soddisfazione”. “Presa di consapevolezza è abituarci a prenderci sul serio, vedere il valore della propria posizione”.

Cambiamenti, vantaggi, potenzialità. Da un punto di vista organizzativo si è fatto un passo avanti enorme: “di lavoro da remoto si parla da vent’anni, con pochissimi risultati”. Ma cosa è successo dove si applicava già lo sw? L’esperienza in una grande azienda, per esempio, mostra che è stato scelto da chi aveva problemi specifici (troppo tempo per arrivare in ufficio…), e alle riunioni si collegavano a distanza, ma venivano marginalizzate dai presenti: “il metamessaggio era: se vieni in sede è meglio, il lavoro vero è quello che si fa in ufficio”. Questo va tenuto presente: le riunioni a distanza funzionano se ognuno è davanti al suo video, altrimenti è meglio essere tutti presenti. In questo periodo, però, sono caduti dei dogmi che si pensava non sarebbero mai cambiati. “Più volte avevamo affrontato il problema dello sw, ma per il call center è sempre stato impossibile: adesso in 15 giorni lì non c’era più nessuno”. “Il blocco ha costretto tutti a casa, messi sullo stesso piano, facendo le riunioni ognuno davanti al suo video, anche i top manager e chi aveva osteggiato lo sw”.  Per le aziende, in gran parte sembra che ci siano stati vantaggi. C’è un potenziale  di lavorare meglio e di più, con persone più motivate, e di recuperare spazi fisici del lavoro. Vantaggi anche per la mobilità e l’incidenza sull’ambiente, sull’uso del proprio tempo. E’ un cambiamento importante per tutti, verso uno sviluppo più sostenibile. “Che però non deve diventare un boomerang per le donne e le fasce deboli”. Ci sono anche preoccupazioni: qualche azienda ha pensato di ridurre l’organico, e risparmiare sugli affitti imponendo il lavoro da casa.

Smart working e potere.  Il nuovo modello organizzativo basato sullo smart working   come possibilità di scelta, attribuzione di maggiori responsabilità, per donne e uomini di qualsiasi livello, è un grimaldello che scardina la classica cultura aziendale. La responsabilità diffusa e il contratto tra l’azienda e il singolo sugli obiettivi da raggiungere, mette in discussione il modello di potere maschile, in quanto favorisce la condivisione e la negoziazione. Per funzionare ha necessità di chiarezza dei processi e degli obiettivi,  dà responsabilità al lavoratore circa la gestione del suo tempo di lavoro. Quindi si pone maggiore attenzione agli obiettivi aziendali e non alle logiche di potere. Con le logiche di potere piccole e grandi lobby  si scambiano favori e spesso soffocano gli obiettivi aziendali  interpretandoli secondo la convenienza personale. Con lo sw i giochi di potere potrebbero non trovare terreno fertile: hanno bisogno vitale di una ritualità, di continui riconoscimenti da parte dei sottoposti, di un palcoscenico per esibirsi, e se il palcoscenico si riduce, la logica di potere perde forza.

L’iniqua divisione del lavoro domestico frena l’ambizione. Durante il blocco le necessità domestiche sono aumentate (figli a casa da seguire negli studi, mancati aiuti domestici, cura di anziani..). Ma l’impatto su uomini e donne è stato molto diverso. Nei casi migliori ha ribilianciato i compiti famigliari nella coppia (i mariti si sono resi conto di quanto lavoro c’è da fare). Ma per molte è stato un enorme passo indietro. Si sono occupate di tutte le incombenze famigliari, perché si sentono culturalmente caricate di questo ruolo, o perché “il partner quando è a casa lavora e stop, non si occupa di questi compiti”, e il lavoro delle donne è sempre meno importante. Si è creata una spaccatura tra chi in famiglia ha un partner con cui c’è un’equa distribuzione dei compiti (coppie giovani), cosa che facilita il poter mantenere il lavoro. E chi invece questo problema non se lo pone o ha un partner che si sottrae: spesso quel poco di distribuzione dei compiti famigliari esistente è andato perso.  E se lo sw va a vantaggio della vita famigliare, questa è di entrambi nella coppia”. E’ il momento di dire che le donne fanno fatica nella carriera anche perché hanno sempre più da fare a casa. Un’altra frattura si verifica tra le donne che hanno un’identità lavorativa soddisfacente, un lavoro professionale che si può fare anche da casa, e chi questa identità non ce l’ha, ha lavori non qualificati e pagati poco, fatti da casa per potersi occupare della famiglia. Conta l’identità delle donne che nel contesto lavorativo si erano create. “Più è alta la tua identità come lavoratrice, più hai un lavoro che ti dà soddisfazione e  professionalità, più tendi a mantenerlo, a preservare la tua fetta di libertà nella divisione dei compiti”. Il modello organizzativo con una prospettiva più ampia, che porti  anche  il bene delle aziende e valore per tutti (mobilità e ambiente…) assume per questo sempre più importanza.

Vecchio e nuovo potere L’esperienza più diffusa è che il potere degli uomini nel periodo del blocco non si è ribilanciato, ma si è rafforzato , sta rafforzando nel momento di rientro. Si è visto che lo smart working -per come è stato fatto- può rafforzare le posizioni di potere esistenti. Sembra per certi aspetti un problema strutturale di questa forma organizzativa . Si cita un’azienda che aveva introdotto strutture organizzative che favoriscono la comunicazione trasversale con i capi (postazioni di lavoro delle responsabili non separate dalle altre); ma con il lavoro da remoto ha visto “ingessare di più la gerarchia di prima, anche se ai vertici c’erano due donne”: difficile a distanza la dinamica di coinvolgimento e empatia che si ha di persona.  “Collegarsi con le tecnologie è un’altra cosa da esserci, mancano anche tutti quei rapporti informali che sappiamo importantissimi”. Pe esempio, in una multinazionale che aveva già adottato lo sw, non si sono viste ricadute positive sulla possibilità di carriera delle donne. “Lo sw può aiutare nella distribuzione dei compiti in casa -forse-, ma non ha aiutato le donne ad arrivare a posizioni manageriali alte”. Necessario dunque vedere come è stato applicato, cosa porta queste conseguenze. Ora, nella fase di rientro al lavoro, la divaricazione tra donne e uomini rispetto al potere diventa evidente con nuove modalità. Le donne, che sentono più responsabilità verso figli o genitori, tendono a stare ancora a casa. Mentre gli uomini sono rientrati molto velocemente in azienda, soprattutto quelli con ruoli decisionali alti, e si appropriano degli spazi di potere: “stanno decidendo le strategie, e i possibili passi di carriera”, “siamo ancora più fuori dai giochi”. Le aziende che cercavano personale adesso cercano più gli uomini, è più facile ora escludere le donne dal lavoro qualificato che apre a ruoli decisionali. Di conseguenza entrano in gioco fattori soggettivi : “se sei dilaniata tra dover seguire i bambini e voler stare in ufficio, questo non aiuta rispetto al potere”. Ci vuole più consapevolezza da parte delle donne di come possono stare dentro il potere, cambiare il rapporto con la propria ambizione . Ci sono però potenzialità positive da cogliere. “Un’opportunità forse unica” di frattura di alcuni convincimenti che “duravano dalla Compagnia delle Indie. Un inizio di sgretolamento del potere come lo conosciamo, che non deve andare perso: “Ho visto manager che hanno fatto le video conferenze in cucina, siamo entrati nella casa di tutti, e non c’erano certe giacca-e-cravatta, certi simboli di status”. Si è aperta una breccia, forse un percorso da fare insieme donne e uomini.

Proposte da sviluppare. Un criterio-guida: libertà di scegliere. Puntare sempre su ciò che il lavoro può dare alle donne in termini di libertà, di scelta, di partecipare “a quella che è una costruzione cruciale nella realtà”. Tenendo conto che le donne hanno problemi diversi: capire quali possibilità hanno di acquistare un gradino di potere in più.Tutto parte dal fatto che il potere ce lo dobbiamo prendere, non aspettare che qualcuno ce lo conceda. Questo vuol dire essere presenti, esserci anche da casa”. Come? Creare tra le donne più consapevolezza sui possibili problemi nel gestire il potere con gli uomini, e a casa, per “avere modo di poterlo fronteggiare, questo problema”.  Vedere cosa ci insegna l’esperienza dello smart working: fare uno sforzo di visione di futuro, guardando cosa ha funzionato e cosa no, per capire come un’azienda diversa potrebbe funzionare. “A quel punto le derive si reindirizzano”. Individuare i momenti di effettiva importanza da mantenere stando in azienda e quali no. Quali le riunioni da fare in sede (quelle motivazionali, strategiche, di organizzazione?) Cosa fare da remoto e cosa fare in azienda, perché fare le stesse cose non ha senso. Occorre però una gestione e una misurazione diversa. Se il comando-e-controllo non va bene, dall’altra parte dobbiamo avere responsabilizzazione e delega: lavoro non parcellizzato, basato su un progetto completo con obiettivi precisi da raggiungere, coordinando chi deve fare parti di lavoro per quel progetto. “Sapere molto chiaramente cosa devo portare in azienda e  vedere se gli altri stanno facendo quel lavoro o meno”. Delegare comporta un cambiamento organizzativo: nelle aziende la struttura mangeriale è spesso eccessiva, con troppo “micromanagement” – capi e capetti- che non esprimono leadership, ovvero una capacità di cambiare e di fare. Questa struttura poco produttiva si supera con la responsabilizzazione diffusa. Lo sw non è una modalità separata, implica un’organizzazione complessiva diversa, che crea più valore.  “Se continuiamo a vedere l’azienda come la vedevamo prima non cambia niente”. Ragioniamo su come potrebbero cambiare le organizzazioni: possono diventare  ‘miste’ -con lavoro un po’ in ufficio e un po’ da remoto,  fondate sulla creazione del valore, con nuove metriche di valutazione. “Le organizzazioni sono imperfette: non tutti sanno sempre cosa si sta facendo e cosa misuro o non misuro. Se uno sta in ufficio lo vedo e dico che lavora, ma per cosa non si sa”. Conta invece il valore che si produce: l’organizzazione mista, con distribuzione di responsabilità, è una modalità che produce valore aggiunto. E’ una dimensione che riguarda anche gli uomini. Insieme possiamo trovare il modo di misurare come i risultati dell’azienda migliorano se tutti possiamo dare il meglio. “Se lo dimostriamo abbiamo tutti qualche possibilità in più”. Dobbiamo focalizzarci su un nuovo modo di pensare l’organizzazione: “è l’organizzazione che ci farà vedere un nuovo assetto, un nuovo potere per le donne. L’organizzazione è uno stato d’animo. Se nel lavoro non c’è soddisfazione vuol dire che l’organizzazione non va bene”.

Proseguire gli incontri Dopo questa constatazione di com’è la realtà, bisogna  continuare la costruzione di proposte.  Incontrarci ancora,  con il collegamento a distanza finché necessario, poi con incontri in presenza ma sempre mantenendo  i collegamenti per chi non può esserci: per stare in contatto con più donne, parlarci di più scambiando idee, vedere come si articolano i problemi nelle ‘diverse Italie’. Teniamo attivo questo gruppo di lavoro. “Potrebbe essere un piccolo laboratorio”.

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